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L’INDIFFERENZA DELLA SOCIETA’, LA RINUNCIA AL FUTURO.

Indifferenza soprattutto ogni volta che parliamo di rieducazione in carcere.

 

Di carcere come sistema di pene alternative e funzione rieducativa non ne vuole parlare nessuno, neanche le stesse Amministrazioni penitenziarie.

Il carcere è il luogo dove persone ritenute pericolose devono essere rinchiuse ma non abbandonate sui letti in una camera sovraffollata! Così è l'unico sistema per creare altri delinquenti ed alimentare le cosche che affiliano altri adepti.

Dentro devono attuarsi progetti seri, progetti di insegnamento, di lavoro, di educazione alla legalità e di VERO REINSERIMENTO sociale.

Nelle nostre carceri italiane non viene affrontato il problema della RIEDUCAZIONE.

L’unico momento in cui chiunque persona al mondo possa riflettere è quello in cui si ritrova solo, lontano dai familiari, lontano dal mondo in cui ha vissuto e tenta anche attraverso i normali gesti quotidiani di recuperarsi. Ha il tempo di ascoltare e di riflettere.

Il carcere deve offrire una possibilità di cambiamento della propria vita, deve educare al rispetto, deve condurre ad una vita sociale corretta. Se un criminale perde questa occasione in carcere allora è spacciato per sempre.

Invece condanniamo chi ha commesso lo sbaglio a diventare criminale e condanniamo i criminali a rimanere tali, se non a peggiorare, incattivendoli chiudendoli per sempre al mondo senza offrirgli possibilità, una volta usciti, di ritrovare dignità.

Oggi chi finisce in carcere è condannato alla morte sociale!

Attività socializzanti interne di vario genere, messe in atto dalle Amministrazioni Penitenziarie possono  formare una mentalità diversa. Intanti bisogna operare parallelamente il reinserimento sociale di chi ha commesso un errore, di far studiare e pianificare uno sbocco occupazionale o forme di lavoro produttivo, di formare una mentalità diversa, di curare chi ha sbagliato.

Se riuscissimo in un traguardo rieducativo e di reinserimento totale, facendo capire l'errore commesso e dando opportunità ai detenuti di riabilitarsi sarebbe la nostra società che ne guadagnerebbe di tranquillità e serenità.

E noi tutti.

Ricordiamo le parole del Papa ai detenuti di Philadelphia:

“...una società, una famiglia che non sa soffrire i dolori dei suoi figli...è una società “condannata” a rimanere prigioniera di sé stessa...questo tempo di reclusione mai è stato e mai sarà sinonimo di espulsione.

E’ penoso riscontrare a volte il generarsi di sistemi penitenziari che non cercano di curare le piaghe, guarire le ferite, generare nuove opportunità.

E’ doloroso riscontrare come a volte si crede che solo alcuni hanno bisogno di essere lavati, purificati, non considerando che la loro stanchezza, il loro dolore, le loro ferite sono anche la stanchezza, il dolore, e le ferite di tutta una società...tendere la mano per riprendere il cammino, tendere la mano perché aiuti al reinserimento sociale.

Un reinserimento di cui tutti facciamo parte, che tutti stiamo a stimolare, accompagnare e realizzare. Un reinserimento cercato e desiderato da tutti: reclusi, famiglie, funzionari, politiche sociali e educative. Un reinserimento che benefica ed eleva il livello morale di tutta la comunità e la società.

Siate artefici di opportunità, artefici di cammino, di nuove vie...”

(http://it.radiovaticana.va/news/2015/09/27/il_papa_ai_detenuti_testo_integrale_del_suo_discorso/1175174)

 

 

 

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